Cos'è n°1 e n°2


Soluzione 1: è il particolare di un paio di scarpe Adidas, modello OKI - NI - APS, ispirato al pattern “BAKTERIO”, ideato da Ettore Sottsass e realizzato da Abet Print nel 1978-79 come laminato plastico e utilizzato per ricoprire alcuni mobili ideati dallo stesso Sottsass e dal gruppo Memphis.















Il “Memphis group” è stato un collettivo di designer fondato nel 1981, da Ettore Sottsass, Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea branzi, Aldo Cibic, Michele De Lucchi, Matteo Thun e altri architetti di livello internazionale.
Il gruppo nacque da un incontro informale organizzato da Sottsass con i colleghi l’ 11 dicembre 1980 che decisero di creare questo gruppo di lavoro come reazione allo stile di design che aveva caratterizzato gli anni settanta e come secessione dal gruppo "Alchimia", accusato di essere troppo orientato alla sperimentazione intellettuale e poco alla produzione. Il nome del gruppo venne ispirato da una canzone di Bob Dylan, Stuck Insideof Mobile with the Memphis Blues Again, più volte ascoltata nella serata. 

Memphis Logo

I modelli di forte impatto grafico che Memphis ha sviluppato, aiutano le persone a sentirsi più a proprio agio; sono astrazioni grafiche, ripetute all'infinito, di superfici eleganti come la pelle di ghiaia, vimini, cabana, acciaio zincato, o la patina di un dipinto vecchio maestro...

fonti: http://blog.linedandunlined.com/post/404171838/on-memphis-pattern-and-macpaint 
http://it.wikipedia.org/wiki/Memphis_%28design%29
http://ceciliapolidoriallievodesign2.blogspot.com/p/x.html






 
Soluzione 2: è il numero civico (nell’immagine in alto a sx), di un edificio fotografato da Ettore Sottsass e pubblicata nel suo libro “Foto dal finestrino”.
                                

Si tratta di un libro fatto da ventisei fotografie affiancate da altrettante didascalie: luoghi, volti, paesaggi un po’ da tutto il mondo. L’idea sembrerebbe addirittura banale, se la penna che commenta queste immagini non fosse quella di Ettore Sottsass.
È una piccola perla di ironia, divertimento, riflessione amara, che uno dei più grandi architetti italiani presenta a un pubblico troppo abituato, ormai, a scempi urbanistici, a case, a “montagne di stanze tutte uguali”, costruite senza minimamente pensare a chi, poi, ci andrà ad abitare.
C’è il senso della precarietà dell’arte, anche per un oggetto, quello architettonico, che più di ogni altro sembra destinato a rimanere nel tempo; come quando, davanti a un edificio costruito da Le Courbusier in India, lo scrittore prende atto che “non c’è idea, per generosa che sia, capace di resistere al tempo”. 

"I grattacieli sono edilizia, non architettura. E questa è una distinzione cui tengo molto. Sono tutti uguali, in qualunque parte del mondo. Per me l'architetto è chi tiene conto dei percorsi, dell'orientamento, dell'uso delle stanze. È come nei grandi templi, da quelli indiani a quelli di Paestum, dove era massima questa cura tra l'uso dell'interno e dell'esterno. Il tempio è la casa di Dio, deve comunicare intensità".  Ettore Sottsass
 "I viaggi sono stati sempre una ricerca di conferme di zone del pensiero... ci può essere un altro modo, ci può essere un mondo di colori, qui non c’è, lì c’è, quindi ci può essere; ci può essere..." Ettore Sottsass
tratto da: http://www.artsblog.it/post/5053/un-libro-a-settimana-foto-dal-finestrino-di-ettore-sottsass

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